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La letteratura postmoderna di David Foster Wallace In evidenza

La letteratura postmoderna di David Foster WallaceSono solo tre i romanzi che David Foster Wallace ci ha lasciato prima di congedarsi dalla vita nel 2008: La scopa del sistema, la coraggiosa rielaborazione della sua tesi di laurea in filosofia; Infinite Jest, il capolavoro, l’opera fluviale di oltre 1.200 pagine che lo ha consacrato come uno dei maggiori talenti della letteratura americana e mondiale della sua generazione o, se preferite,  “il principe della letteratura contemporanea americana” secondo la definizione di Details; Il re pallido il romanzo sulla noia al quale Wallace stava lavorando prima di morire, pubblicato postumo dal suo editor. Qualche anno prima, nel 2004, esce Oblio, una raccolta di otto romanzi brevi con i quali Wallace dimostra di avere una straordinaria ecletticità anche di stile.

Recensire un libro di Wallace è a dir poco complicato: si rischia cioè di non rendere bene il senso – talvolta perfino di non capire il vero significato – di quello che c’è scritto. Quella di Wallace è infatti una letteratura postmoderna e argomentativa che ha pochi precedenti, un “realismo isterico” indefinibile che scompagina ogni ricostruzione filologica. Quello che si può dire è che Wallace sa cogliere in profondità il marcio della società americana e sa raccontare il  malessere e la noia dei suoi protagonisti, quasi sempre segnati da traumi infantili. Il suo modo di scrivere è vertiginoso, schizofrenico, una sequela di virtuosismi che spaziano in una complessità non sempre alla portata del lettore. La narrazione frammentaria – tipica dello stile postmoderno - annulla la sequenza temporale; attraverso fitte descrizioni di immagini legate e slegate tra loro, Wallace conduce il lettore in un eterno presente dove non si distingue l’inizio dalla fine. Talvolta il finale viene astutamente anticipato nel corso della trama e chi legge deve saperlo cogliere tra le righe.

In Oblio ci colpisce l’originalità dei temi trattati e l’imprevedibilità delle storie. Solo un genio bizzarro come Wallace poteva, ad esempio, dedicare un romanzo ad una merendina da testare sul mercato Mister Squishy. O ad un marito che si sottopone a dei test clinici per scoprire se la moglie, quando lui russa, non può sentirlo russare perché sta dormendo Oblio. Il protagonista de Il canale del dolore è invece, pensate un po’, uno scultore di cacche umane. Sua moglie la donna mostruosamente obesa più sexy che Atwater abbia mai visto arriva a tradirlo goffamente tra i sedili di un’auto col giornalista che realizza lo scoop. Ma è in Caro vecchio neon che Wallace si supera con un superbo gesto narrativo che lascia di stucco il lettore. La trama e l’esposizione del romanzo mettono i brividi per la suggestiva sovrapposizione della fiction al tragico destino che attende l’autore della storia. Wallace, infatti, decide di comparire nel racconto come protagonista della trama, e l’io narrante, un uomo morto suicida, rivolgendosi al suo interlocutore gli dice: tu sai cosa c’è oltre la morte.  

(Angelo Cennamo)

Ultima modifica ilGiovedì, 19 Novembre 2015 09:27