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Il Tempo è un bastardo di Jennifer Egan In evidenza
Jennifer Egan è una brillante scrittrice americana, nata in quella Chicago che ha partorito anche altri talenti della narrativa moderna. Il Tempo è un bastardo, premiato nel 2011 col Pulitzer e conil National Book Critics Circle Award, è il suo romanzo di punta. La struttura del libro è insolita, la trama infatti si snoda attraverso una serie di racconti apparentemente scollegati tra di loro, ma i cui protagonisti sono sempre gli stessi: Bennie Salazar, ex musicista rock-punk poi diventato discografico di successo, Sasha, la sua fidata collaboratrice con un vissuto piuttosto tormentato eburrascoso, ed altri vecchi compagni di scuola e di vita che entrano ed escono dal romanzo a rotazione. Bennie e Sasha sono una coppia rodata, lavorano insieme da molti anni, legati da un affetto speciale che però non si è mai spinto alla relazione fisica Non ci provare, Bennie: sei troppo importante per me.
Il Tempo è un bastardo – versione italiana di A Visit From The Goon Squad– pessima abitudine quella di cambiare i titoli originali ai libri o ai film - è la storia di una lunga amicizia tra alterne vicende familiari e professionali – figli, divorzi, tradimenti, fallimenti vari - ambientata nel mondo della musica e dello star-system, con tutti gli annessi e connessi di questo mondo. Ci siamo capiti. La qualità della scrittura di Jennifer Egan è pari a quella dei migliori autori americani della sua generazione: Chabon, Franzen, Eugenides, Eggers, Lethem. La prosa raffinata scorre leggera e senza intoppi dando corpo ad un romanzo nel complesso interessante che tuttavia pecca di discontinuità e in alcune parti di originalità; è possibile infatti ritrovare nel corso delle storie brandelli e atmosfere di libri altrui o protagonisti dal profilo già visto. Il risultato è quello di un impianto narrativo debole ma dalle rifiniture solide e ben congegnate. Nei primi racconti la Egan riesce a tenere il lettore incollato alla trama in attesa di una svolta che però stenta ad arrivare. Il romanzo infatti si perde in una serie di fatti e divagazioni non sempre interessanti, per ritrovare ritmo e suspance solo nel capitolo ambientato tra i musei e i vicoli di Napoli. Qui l’autrice dà il meglio di sé traducendo in parola scritta i colori, gli odori e le suggestioni dei decumani alla stregua di Elena Ferrante e Raffaele La Capria. Nel complesso romanzo godibile, dallo stile sobrio ed elegante. Non un capolavoro.
(Angelo Cennamo)
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