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Addio alle armi romanzo sulla diserzione e struggente storia d'amore. In evidenza

Addio alle armi romanzo sulla diserzione e struggente storia d'amore.

Pare che un giorno Cesare Pavese abbia fatto leggere un libro ad una sua ex allieva di liceo perché comprendesse la differenza tra la letteratura americana e quella inglese. Il libro era Addio alle armi di Ernest Hemingway, l’allieva Fernanda Pivano. Di lì a poco la Pivano sarebbe diventata la traduttrice in italiano dei romanzi di Hemingway oltre che uno dei maggiori esperti di narrativa nord-americana.

A molti di voi sarà capitato di seguire il percorso di Fernanda Pivano, cioè di interessarvi, di approcciare la letteratura americana e di  innamorarvene, passando attraverso le opere del grande maestro di Oak Park - Illinois. Almeno per me è stato così. Il vecchio e il mare e I 49 racconti per cominciare, Fiesta, Per chi suona la campana a seguire. Il libro di cui però voglio parlarvi è lo stesso che Pavese regalò quel giorno alla sua giovane allieva. Pubblicato negli Stati Uniti nel marzo del 1929, in Italia Addio alle armi venne oscurato dal regime fascista perché metteva in cattiva luce l’esercito italiano minando uno dei valori più propagandati dalla dittatura mussoliniana: l’ardimento e la fedeltà alla patria. La storia raccontata da Hemingway infatti  culmina con la disfatta di Caporetto, che nella versione romanzata è molto diversa da quella tra virgolette edulcorata e opacizzata dei manuali scolastici. E’ sicuramente una delle pagine più drammatiche della storia italiana del primo novecento e nella trama del romanzo l’orrore, la paura e – perché no - la codardia di chi fuggiva dal fronte ci vengono descritti dalla penna di Hemingway con grande intensità e con squallido realismo. Ma  Addio alle armi non è soltanto un romanzo sulla diserzione: è soprattutto una struggente storia d’amore tra un tenente americano ferito dallo scoppio di una granata e un’infermiera inglese. L’amore e la guerra, nello sviluppo della trama, si intrecciano in modo inestricabile dando vita ad un vortice di sentimenti e di passioni che ha pochi precedenti nella letteratura mondiale. Il racconto è avvincente, ma dentro la fiction scorre lo straordinario reportage di un giornalista che vive sulla propria pelle un pezzo importante della storia d’Italia. L’opera è sincera e non indulge alla retorica dell’eroismo o alla banale idealizzazione patriottica. Distinguere l’Hemingway romanziere dal cronista o dal soldato al fronte non si può: verità e finzione si mescolano in un crogiolo di visioni e di suggestioni uniche. Ne viene fuori una narrazione vivida, di rara bellezza, sciorinata con stile sobrio, apparentemente disadorno: Hemingway descrive luoghi e personaggi senza usare una sola parola superflua, ma non omette nulla di quanto serva al lettore per sentirsi al centro della scena, avviluppato dall’atmosfera feroce e violenta delle battaglie e da quella erotico-sentimentale degli incontri furtivi tra il giovane Henry e miss Barkley. Un continuo perdersi per poi ritrovarsi in una grande avventura attraverso montagne, città, ospedali, laghi e strade sconosciute. Una corsa infinita e disperata verso la libertà.

Angelo Cennamo 

Ultima modifica ilDomenica, 10 Aprile 2016 07:42
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