Kayenna network - click to join 
Kayenna.net - clicca per l'ARCHIVIO NOTIZIE

A+ A A-
Kayenna

Kayenna

URL del sito web: http://www.kayenna.com

A Bologna va in scena lo “Stabat Mater” di Rossini per celebrare “La Maestà” di Cimabue

Il Cimabue dipinse tre Madonne sul trono, per questo definite Maestà, oltre al celebre affresco della Maestà con San Francesco della basilica di Assisi: La Maestà del  Louvre,  datata 1280,  e conservata nel famoso museo  sin dal periodo napoleonico, la Maestà di Santa Trinità, ora agli Uffizi a Firenze e la Maestà dei Servi di Bologna,  conservata nella terza cappella absidale della omonima basilica bolognese, quasi ignorata.

La Cappella Musicale Santa Maria dei Servi di Bologna accoglierà il rientro del capolavoro artistico con un altrettanto notevole capolavoro musicale: Lo ” Stabat Mater” di Gioachino Rossini, a celebrare alla fine del mese mariano, il ritorno dopo il restauro della splendida Maestà sul trono con gli angeli e il Bambino.

Il concerto per Soli coro e Orchestra, eseguito da Coro e Strumentisti della Cappella Musicale diretti dalMaestro Lorenzo Bizzarri, sarà preceduto da una breve esposizione critica delle due straordinarie opere artistiche a cura di Piero Mioli, Lunedì’ 30 Maggio alle ore 20, 30 alla basilica dei Servi di strada Maggiore  Bologna.  I biglietti d’ingresso sono in vendita a 10 € sul circuito Vivaticket(http://www.vivaticket.it/index.php?nvpg[evento]&id_show=83886) o direttamente nella sagrestia della Basilica negli orari di apertura della chiesa (7-12  e 16-19) info al 3297377793

La Maestà dei Servi è stata sottoposta ad un lavoro di restauro perché la pala dell’opera era davvero molto rovinata, soprattutto nella veste della Madonna, dove c’erano  anche buchi e solchi nel legno,per tutti gli ex voto che venivano appesi nelle pratiche devozionali delle varie epoche.

Il restauro ha portato alla luce una serie di raffinatissime modalità utilizzate dagli artisti e dalle botteghe per personalizzare le opere: punzoni, per traforare la lamina dorata piuttosto che piccolissimi loghi con la forma  di creature fantastiche per movimentare le texture degli sfondi.

Di particolare rilievo è il tentativo di rendere la trasparenza del panneggio rilevata nella  veste del Bimbo dal restauro, che ora mostra la presenza del ginocchio sotto ad un panneggio leggero.

Molti non sanno che la Basilica  dei Servi era di proprietà privata e fu lasciata in eredità all’Ordine dei Servi, che la custodiva, con tutti i tesori in essa contenuti, tra cui una dolcissima madonna gravida di Vitale da Bologna.

Capaci 24 anni dopo 

 Falcone OggiSono passati 24 anni e ancora questo manifesto, diventato slogan, impera, gira sui social rendendo tutti noi che lo sfoggiamo cittadini per così dire, più che a modo, di moda. Una moda ottima, se rispondesse dietro le quinte al vero, almeno quanto esibita in pubblico. Ottima, se davvero fossimo così forti e degni dell'esempio di questi padri, tanto da non piegarci alla paura, proprio come non si piegarono loro; se avessimo davvero il coraggio di non venderci, come incorruttibili furono loro; se credessimo ciecamente che vale la pena impegnarsi onestamente per costruire realtà e futuro migliori, con la stessa convinzione per cui si fecero ammazzare loro: per noi.

...LEGGI TUTTO

Cannabis: Tutte le Cose da Sapere nel Dibattito sulla Legalizzazione

Gian Luigi Gessa, professore emerito in Farmacologia dell’Università degli Studi di Cagliari, e Fabrizio Schifano, docente di Farmacologia e Terapia Clinica presso l’Università di Hertfordshire (UK), si confrontano in una video-sfida su Pro\Versi (www.proversi.it) per fare chiarezza su alcuni aspetti fondamentali del dibattito intorno alla legalizzazione della cannabis, con specifica attenzione alle sue implicazioni cliniche. Di opposta opinione circa la convenienza di una eventuale legalizzazione delle droghe leggere, sono molti, in realtà, i punti d’incontro tra le argomentazioni dei due studiosi, utili tasselli per iniziare a costruire un dialogo condiviso e costruttivo su un tema dagli importanti risvolti socio-sanitari e socio-economici.

Il primo importante punto d’incontro tra le opinioni del prof. Gessa e del prof. Schifano sta nella natura del disturbo del tossicodipendente: entrambi concordano sul fatto che questa sia una vera e propria malattia del cervello che interessa il sistema nervoso centrale, e non semplicemente un “vizio” o una “libera scelta”.

In riferimento alla classificazione delle droghe in base al loro grado di tossicità, se i due autori concordano sulla possibilità di stabilire una scala in base a tale parametro, volto a misurare i danni che la sostanza può creare in chi la utilizza e la facilità con cui si può diventare dipendenti, per il prof. Gessa riconosce anche una scala di dannositàbasata sugli effetti che tali sostanze hanno sulla società: “questa classificazione delle droghe ha portato appunto ad una scala di dannosità che mette al primo posto droghe che sono legali, per esempio l’alcol oppure la stessa nicotina”.

Per quanto basso, esiste, per entrambi gli autori, il rischio di diventare dipendenti dai cannabinoidi, come sostiene il prof. Schifano, “su cento consumatori di marijuana più o meno l’8-10% riuscirà a sviluppare una vera e propria dipendenza”. Inoltre, come evidenzia il prof. Gessa, “quelli che utilizzano la cannabis hanno una tendenza, dopo i trent’anni, a diminuire la dipendenza”.

Riguardo alla tesi secondo cui la marijuana sarebbe la causa del successivo utilizzo di altre droghe, entrambi gli autori dissentono. Come afferma il prof. Gessa: “è vero che nel passato dei consumatori di altre droghe c’è l’uso della marijuana: più precoce è stato l’uso della marijuana, più frequente è il passaggio a droghe pesanti. La spiegazione di questo percorso è che l’associazione è dovuta al fatto che il mercato illegale della canapa e quello delle droghe pesanti, naturalmente, porta chi acquista la marijuana ad avere l’offerta, l’occasione di acquistare altre droghe”.

Il prof. Schifano, inoltre, fa ulteriormente ordine nel passaggio da una droga all’altra, affermando che “quando nella storia di uso di sostanze arriva la marijuana in un ragazzino, in realtà prima sono già arrivati nicotina e alcol […]. Pertanto, una buona protezione primaria e secondaria si può rivolgere a prevenire l’uso di nicotina e alcol”.

In riferimento all’accusa rivolta alla marijuana di provocare effetti psicotici e schizofrenia, gli autori concordano nuovamente, ma, oltre a distinguere la minore pericolosità in questo senso delle sostanze di derivazione naturale – come fa, nello specifico, il prof. Schifano – evidenziano che, affinché tali episodi si verifichino, è necessaria l’assunzione di una quantità molto alta di principio attivo e una predisposizione del soggetto, per vulnerabilità psicobiologica. Ma, come afferma ancora il prof. Schifano in riferimento alla schizofrenia, “il vero problema è che noi prima di cominciare a usare la marijuana non sappiamo se siamo predisposti nei confronti di questo tipo di malattia”.

Infine, come sostiene il prof. Gessa, è possibile che l’assunzione di marijuana acceleri la malattia anzitempo: chi “inizia a usare continuativamente cannabis in adolescenza ha più probabilità […] di avere questa condizione accelerata: tempi più brevi rispetto a chi non fuma”.

 

  • Pubblicato in Io leggo

Il Teatro di Sabbath è tra i quattro migliori libri di Philip Roth, con Pastorale Americana, Il Lamento di Portnoy e La Macchia Umana.

Philip Roth è il più grande scrittore vivente. Lo è per quello che scrive e per come lo scrive. Per la tecnica con la quale imbastisce le trame dei suoi romanzi. Per l’arguzia, il sarcasmo che adopera quando affronta i temi più scabrosi o dissacra i valori profondi della società americana. Per il cinismo che lo trattiene fuori dal racconto anche quando simula e dissimula se stesso nei ruoli che cuce per i protagonisti delle sue storie. Con il Teatro di Sabbath – romanzo del 1995 – Roth si consacra anche tra i più grandi scrittori di sesso.

Il sessantaquattrenne Mickey Sabbath è un ex burattinaio tormentato dai fantasmi del proprio passato: il fratello giovane morto in guerra, sua madre, la prima moglie fuggita chissà dove,  e l’amata Drenka, l’adultera con la quale ha sfogato per tredici anni tutta la sua depravazione sessuale “Con Drenka era come lanciare un sasso in uno stagno. Entravi, e le ondine si dispiegavano sinuose dal centro verso l’esterno finché l’intero stagno si ondulava e tremolava di luce”. Mickey Sabbath è un personaggio grottesco che sembra uscito dalla commedia dell’arte “un bugiardo totale, una canaglia, subdolo e disgustoso che si fa mantenere dalla moglie e va a letto con le bambine”. Un uomo senza scrupoli che conduce un’esistenza insensatamente fuori da ogni convenzione, senza scopo e senza armonia. Ma Mickey ne è consapevole e prova a farsene una ragione: “ho fallito perché non mi sono spinto abbastanza oltre! Ho fallito perché non sono andato fino in fondo.” In uno dei passaggi più straordinari del romanzo, l’amico Norman, che nella vita ha avuto più fortuna e successo di lui, scopre che Sabbath ha tentato di sedurre sua moglie e che nelle tasche dei pantaloni ha nascosto una mutandina di sua figlia. Lui, colto in flagrante, gli risponde così: “So che ti stupirò, Norman, ma oltre a tutte le altre cose che non ho, non ho neppure una teoria. Tu trabocchi di amabile comprensione progressista ma io scorro veloce lungo i marciapiedi della vita, sono un mucchio di macerie, e non possiedo nulla che possa interferire con una interpretazione obiettiva della merda.” E un vecchio disperato, Mickey. E solo l’autore del romanzo sembra provare per i suoi fallimenti una certa compassione:  “Caro lettore, non giudicare troppo duramente Sabbath: molte transazioni farsesche, illogiche e incomprensibili, sono classificabili grazie alle manie della lussuria.” Dopo una sequela di tragicomici disastri, nelle ultime pagine del libro, le più esilaranti, il protagonista, sull’orlo della follia, cerca in tutti modi di farla finita. Nel cimitero dove riposano i suoi familiari prova goffamente ad organizzare la propria sepoltura immaginando il giusto epitaffio: “Morris “Mickey” Sabbath, Amato Puttaniere, Seduttore, Sfruttatore di donne, Distruttore della morale, Corruttore della gioventù, Uxoricida, Suicida 1929 – 1994.” Ma è un altro fallimento, l’ennesimo. Il Teatro di Sabbath è tra i quattro migliori libri di Roth, con Pastorale Americana, Il Lamento di Portnoy e La Macchia Umana. Un romanzo superbo, impressionante per la qualità della scrittura e l’intensità della trama. Un concentrato di sentimenti forti e laceranti: l’amaro disincanto, la lussuria, la solitudine, e la comicità si fondono in una sublime mistura letteraria, in un capolavoro di rara e profonda introspezione che lascia senza fiato. Non si può morire senza aver letto Philip Roth. 

(Angelo Cennamo)       

Sottoscrivi questo feed RSS