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Angelo Cennamo

Angelo Cennamo

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La prima lezione – Racconto breve di Angelo Cennamo

 

Quando cominciai a lavorare con il prof. Crocitti alla stesura del suo manuale di diritto privato, l'ambizione di ritrovarmi un giorno al suo posto, lo confesso, la coltivavo. Crocitti mi concesse di figurare come coautore del manuale e così il mio nome comparve su uno dei testi più diffusi in quegli anni nelle facoltà di giurisprudenza. La carriera di docente mi affascinava molto. Avevo già partecipato a dei seminari nella precedente sessione, ma non mi era ancora capitato di tenere delle vere e proprie lezioni agli studenti. Accadde la prima volta il 20 novembre del 1976. Cominciava il nuovo anno accademico e mi fu affidata la seconda cattedra di diritto privato appartenuta fino a pochi mesi prima al prof. Randazzo, esimio giurista nonché eccellente jazzista. Quando gli fu comunicato dal rettorato che aveva raggiunto la soglia della pensione, Randazzo esclamò - Poco male, potrò finalmente dedicarmi alla musica a tempo pieno - Randazzo si era già organizzato con un quartetto di vecchi amici per suonare nei club più esclusivi della penisola. Il tour, molto reclamizzato anche dalle riviste specializzate, non ebbe tuttavia una buona sorte: il professore, infatti, a causa di una paralisi dovette rinunciare allo stravagante progetto artistico già dopo la seconda data, e ritirarsi nella sua villa di Genzano, alle porte di Roma.

La mattina del 20 novembre a Napoli diluviava. Per non fare tardi e dilungarmi in complicate manovre di parcheggio, decisi di chiamare un taxi. La città era paralizzata da un ingorgo gigantesco. Spiegai al tassista che avevo molta fretta e lui, serafico, mi suggerì di farmela a piedi. Non aveva tutti i torti. Seguii in parte il suo consiglio e scesi quattro isolati prima dell'università. Corsi come un matto sotto la pioggia torrenziale. In una mano tenevo l'ombrello nell'altra la borsa. Gli occhiali completamente bagnati mi rendevano il tragitto ancora più complicato. Divorai la scalinata dell'ingresso due gradini alla volta e mi precipitai in segreteria, dove trovai subito il ristoro di una sedia e di un tè caldo. I pantaloni erano bagnati fino alle ginocchia e le scarpe si erano trasformate in due scialuppe di salvataggio. Incrociai i colleghi Floris e Deidda del mio stesso dipartimento - In bocca al lupo, Eduardo – mi disse Deidda, stringendomi la mano ancora umida - Hai visto? Per te è venuto anche il prof. Vermigli – Vermigli era il preside della facoltà. Aveva la fama di essere un duro, e dopo il brutto episodio della contestazione nell'aula magna, dove un gruppo di studenti la settimana prima aveva sequestrato per più di due ore il rettore, si aggirava tra le aule come un segugio, scortato da un poliziotto in borghese - Speriamo bene – dissi, asciugandomi gli occhiali con il fazzoletto. Erano tempi difficili; nelle università si respirava un brutto clima e più di un collega mi riferiva di aver ricevuto delle minacce. Mancavano pochi minuti alle nove, attraversai il lungo corridoio sfilandomi l'impermeabile fradicio e mi indirizzai verso l'aula designata, la numero otto. Oltrepassai la soglia, sistemai la borsa e il soprabito su una sedia di metallo di fianco alla cattedra, salutai con un “buongiorno” i mie ragazzi e cominciai la lezione. Breve introduzione sul corso di laurea e prime nozioni sul codice civile. Tutto filò liscio e non mancò una piacevole sorpresa. Tra le numerose matricole che affollavano la stanza ce n’era una seduta all'ultimo banco. Non sembrava giovanissima, ma era agghindatissima, con un doppiopetto grigio scuro ed una cravatta blu a pois: Mimmo Colajanni era venuto a vedermi. Quando uscirono tutti, mi avvicinai a lui. Aveva gli occhi lucidi per la commozione. Con un filo di voce mi disse – Eduà, sei stato bravo come sempre – Gli sorrisi pizzicandogli la guancia. Salutammo Vermigli e il suo vice, e sotto la pioggia battente ce ne tornammo insieme allo studio. Prima di salire però ci fermammo al bar di Tonino per un caffè. Erano le 10,30 e Colajanni non ne aveva bevuto ancora uno, un vero record - Guagliò, l'ho sempre detto che tu c'hai stoffa. Però adesso non penserai mica di lasciare il tuo vecchio socio? - Mimmo sapeva essere padre e guappo alla stessa maniera. Ma era ossessionato dall'idea che qualcuno potesse prima o poi abbandonarlo: i clienti, gli amici, la figlia - Io a te? Ma neanche per sogno. – gli risposi, dopo aver mandato giù il caffè in un solo sorso. La risata dell'avvocato echeggiò per tutto il bar. Poi, dopo avermi dato il solito colpo di karate sulla spalla, mi afferrò per la vita e disse – Jà saliamo, che è tardi- (Angelo Cennamo)

 

Brevi interviste con uomini schifosi, l’inquietante galleria di personaggi depravati e odiosi raccolti da David Foster Wallace

Brevi interviste con uomini schifosi, l’inquietante galleria di personaggi depravati e odiosi raccolti da David Foster WallaceUn bambino in piscina fissa il trampolino altissimo dall’altra parte della vasca. Vorrebbe salirci per tuffarsi, ma è trattenuto dalla paura. Decide di andare. La lenta salita verso la vetta è un racconto di straordinaria bellezza fatto di dettagli minuziosi e di sensazioni palpitanti. Un microcosmo di percezioni ovattate e di colori intensi vissuti in una giornata che profuma di pubertà. La scaletta di metallo vibra sotto i piedi umidi dei bagnanti in ascesa. I colori dei costumi e degli ombrelloni visti dall’alto sono rischiarati dalla luce intensa del sole. I corpi abbronzati, sdraiati ai bordi della vasca, si addormentano nel tepore del primo pomeriggio. L’odore del cloro si incanala nelle narici del lettore. Le gocce d’acqua sulla lingua di plastica bianca che oscilla su in cima, l’involontario refrigerio per chi è ormai lontano dal rettangolino azzurro. Finalmente tocca a lui. Il tempo si ferma, tutto rallenta: i pensieri, la spinta del vento e le voci di chi, alle sue spalle, attende impaziente di lanciarsi nel vuoto.

Per sempre lassù è uno dei racconti che compongono Brevi interviste con uomini schifosi l’inquietante galleria di personaggi depravati e odiosi raccolti da David Foster Wallace in un libro che ha come tema dominante la misoginia. Siamo nel 1999 e Wallace ha all’attivo il suo romanzo d’esordio La scopa del sistema - la vertiginosa rielaborazione della tesi di laurea in filosofia che alla fine degli ‘80 spiazzò la critica letteraria per il suo realismo isterico - e La ragazza dai capelli strani, la raccolta di novelle che lo consacrò come astro nascente della letteratura americana.

Brevi interviste  è un virtuoso ed originale esercizio di stile, un saggio di talento narrativo di fronte al quale qualunque scrittore farebbe bene ad interrogarsi sulle proprie reali capacità di intrattenimento. Dal figlio depresso e umiliato dai genitori divorziati che litigano per le spese odontoiatriche, al focomelico che sfrutta il suo braccio da lattante per commuovere e portarsi a letto le ragazze, la carrellata comica e graffiante degli strani tipi di Wallace mette i brividi per la potenza lacerante della scrittura e l’intensità delle sue trame, così assurde e crudeli. Brevi interviste con uomini schifosi è uno squarcio profondo nella tela di un’umanità indegna e perduta che esibisce senza pudore le perversioni più inconfessabili. Un libro unico ed irripetibile che è già diventato un cult nella narrativa moderna e che ha ispirato un’intera generazione di autori americani. Alta classe e genio inarrivabile David-Foster-Wallace.

(Angelo Cennamo)        

 

Purity anche in Italia l’ultimo, attesissimo romanzo di Jonathan Franzen:

 Purity anche in Italia l’ultimo, attesissimo romanzo di Jonathan Franzen:Esiste la purezza o è un’utopia? Cinque anni dopo Freedom - Libertà - esce in Italia l’ultimo, attesissimo romanzo di Jonathan Franzen: Purity. Chiedersi se Franzen sia o meno il più grande scrittore contemporaneo, in America e nel mondo, non è importante. Ci basta sapere che di tanto in tanto il suo immenso talento ci regala pagine di grande bellezza e che i suoi libri ci fanno buona compagnia. Purity è il nome di un ragazza che si fa chiamare Pip - come il protagonista di Grandi speranze di Charles Dickens - e che lavora in un call center trascinandosi un debito universitario di 130 mila dollari. Ha una madre depressa dal passato misterioso, ma preferisce vivere lontano da lei, in una casa occupata da un gruppo di anarchici pacifisti. Purity è un romanzo sulla ricerca di un padre mai conosciuto e di un’indefinita integrità morale che tutti i personaggi del libro sembrano aver perduto. E’ un racconto autobiografico? Per certi versi tutti i romanzi di Franzen lo sono, soprattutto gli ultimi tre. In questo, pare sia lo stesso autore a confessarlo: Troppi Jonathan. Una piaga per la letteratura i Jonathan. La storia di Pip Tyler è una lunga avventura che attraversa sei decenni e due continenti. La struttura polifonica del libro aiuta il lettore a seguire la trama da più punti di vista con un andirivieni spazio-temporale molto suggestivo. Uno dei momenti salienti del racconto è l’incontro tra la giovane protagonista e Andreas Wolf, una specie di Juliane Assange cresciuto nella Germania dell’Est, che dopo aver commesso un terribile delitto insegue l’improbabile riscatto – la purezza – in Sud America, dove fonda con i suoi adepti un’organizzazione di spionaggio telematico chiamata  Sunlight Project. La storia di Andreas è un fine stratagemma narrativo al quale Franzen ricorre per denunciare la propria avversione per i social network:  lo scopo di internet e delle tecnologie connesse era liberare l’umanità dai compiti che prima davano significato alla vita e perciò ne costituivano l’essenza. Come dire che tra il regime comunista che ha spiato Andreas e la dittatura tecnologica non c’è molta differenza. Ne Le Correzioni Franzen ha raccontato l’illusione di una coppia di anziani genitori di aver impedito ai loro tre figli ogni deviazione dal giusto. In Libertà  l’inconfessabile delirio amoroso di una moglie attratta dal migliore amico di suo marito, quel Richard Katz modellato sulla figura introversa del collega Dave (Wallace). In Purity l’ostinata ricerca della purezza e la redenzione dai sensi di colpa: il senso di colpa deve essere la più mostruosa delle dimensioni umane. Tutto sembra scorrere all’interno di una traccia narrativa forse preordinata nella quale i tre romanzi si raccolgono in una sorta di ciclo dedicato ad un’umanità perduta. E’ la peculiarità di Franzen, scrittore sì postmoderno ma che porta dentro di sé gli echi di un sentimentalismo che ha radici nel passato. Suggestioni di un mondo antico che sembra declinare insieme alla sua stessa narrazione. Quale sorte toccherà al romanzo e ai romanzieri nel secolo appena cominciato? Il richiamo a Dickens non è casuale. Purity è un libro con pochi spunti umoristici rispetto alle trame che lo hanno preceduto, ma è un’opera ambiziosa, intensa e ricca di pathos, con un’ambientazione insolita ed affascinante. Gli basta appoggiare le dita sulla tastiera per evocare mondi interi. Il migliore Jonathan della letteratura.

(Angelo Cennamo)                     

Telegraph Avenue il romanzo sulla nostalgia e sulla musica nera di Michael Chabon

Telegraph Avenue il romanzo sulla nostalgia e sulla musica nera di Michael ChabonArchy Stallings e Nat Jaffe gestiscono un negozio di dischi usati in vinile su Telegraph Avenue, a Oakland. Il Brokeland Records è un caravanserraglio dove la gente sta insieme, si rilassa, ascolta buona musica e si racconta storie ricamando a più non posso. Un piccolo mondo antico di ricordi e nostalgie che resiste alla grande ondata del capitalismo tardo-moderno e alla minaccia del Dogpile, il megastore di dischi che Gibson Goode – il quinto nero più ricco d’America ed ex campione di football – vuole aprire a pochi isolati dal Brokeland. Intorno al negozietto di Archy e Nat ruota un’umanità rarefatta di personaggi variopinti e molto americani : Gwen e Aviva, le mogli ostetriche dei due protagonisti, Julie e Titus i loro figli quindicenni omosessuali, Cochise Jones, lo stravagante organista funky che se ne va in giro con Cinquantotto, il pappagallo sboccato che ricorda tanto Vlad l’Impalatore – il pennuto de La Scopa del Sistema di Wallace che fa sermoni religiosi su una tv via cavo, Chan Flowers, il consigliere comunale proprietario di un’agenzia di pompe funebri, e Luther Stallings, vecchia star del kung fu e del cinema nero, nonché padre sciagurato di Arcky. E’ il mondo favoloso e colorato che Michael Chabon ci ha fatto conoscere con i suoi libri pirotecnici, dalle Fantastiche Avventure di Kavalier & Clay in avanti. Telegraph Avenue è un romanzo sulla nostalgia e sulla musica nera, nera come Arcky e la sua giovane moglie incinta. Un sogno americano venato di blues e di un’umanità calda e generosa che tocca le corde più profonde dei nostri sentimenti. Un melting pot di suoni e suggestioni afro che appartengono a un passato duro a morire. Chabon con la sua prosa delicata e briosa ci conduce nelle viscere dell’America più vera, senza filtri e senza ipocrisie. Un viaggio stupefacente tra i ritagli di un tempo già vissuto che vorremmo non finisse mai. Viva la buona musica e viva Chabon.

(Angelo Cennamo)                    

 

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