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Il colloquio di lavoro post-Covid: ecco come è cambiato

 La pandemia ha lasciato ben poco di immutato: le relazioni, i risparmi, le vacanze, gli acquisti, la gestione della casa, il lavoro. Sembra davvero che il Covid-19 abbia portato mutamenti in tutti gli aspetti della nostra vita.

Non fanno eccezione nemmeno l'attività di ricerca di un nuovo lavoro da una parte e quella di ricerca di nuovi lavoratori dall'altra. Come è noto, infatti, lo scoppio della pandemia è conciso, in Italia come altrove, con il diffondersi iperbolico del lavoro da remoto, con tante aziende che hanno deciso di mantenere in modo permanente lo smart working. E sì, nel momento in cui la sede di lavoro può trovarsi ovunque, nel momento in cui il contatto umano viene meno, la gestione dei dipendenti cambia in modo importante. Ma non è tutto qui: l'emergenza sanitaria ha portato le aziende a ripensare anche il modo di affrontare e di percepire le crisi, con conseguenze sul piano della produzione, dell'amministrazione e via dicendo.

“Come conseguenza di tutto questo sono cambiati in modo sensibile anche i colloqui di lavoro, e dovrebbero esserne consapevoli sia le persone alla ricerca di un nuova occupazione, sia gli addetti HR e i manager che si troveranno a gestire o a partecipare a questi delicati incontri”, conferma Carola Adami, fondatrice di Adami & Associati, società internazionale di head hunting specializzata nella selezione di personale qualificato e nello sviluppo di carriera.

«Le aziende, in questo nuovo scenario, hanno tutto l'interesse di capire come i candidati hanno affrontato la crisi» spiega l'head hunter «sia per sapere come quella persona potrà porsi di fronte a quelli che sono, si spera, gli ultimi mesi dell'emergenza, sia per comprendere qualcosa in più sulla persona che si ha di fronte».

Chi è alla ricerca di un lavoro, e che dopo aver inviato il proprio curriculum vitae in risposta a un annuncio viene contattato per un colloquio, non dovrebbe quindi farsi prendere alla sprovvista da una domanda del tipo “come ha vissuto i mesi di lockdown?” o magari da un quesito più complesso ed estremamente interessante, come “cosa ha fatto durante la pandemia per migliorare la sua situazione professionale o personale?”.

Come spiega Adami, «a contare nelle risposte che si danno a queste domande non è quasi mai il contenuto in sé, quanto il modo in cui si risponde. A nessuno viene infatti chiesto di affrontare in modo perfetto una pandemia del tutto inaspettata, per la quale non una sola persona era effettivamente preparata. Le risposte possibili sono tantissime, da chi spiega di aver imparato una nuova lingua, da chi ha coltivato un orto dietro casa fino a chi si è dato da fare per mantenere vivo il rapporto con i colleghi».

L'importante, sottolinea Adami, «è essere sinceri, mostrando il proprio personale modo messo in campo per reagire a questa situazione del tutto eccezionale».

Va peraltro sottolineato che nei colloqui di lavoro post-Covid, a poter essere presi di sorpresa da domande inedite, potrebbero essere anche gli stessi intervistatori. I candidati potrebbero infatti avere dei quesiti volti a capire nel dettaglio come si potrebbe svolgere il lavoro da remoto, chiedendo per esempio se, in caso di smart working, sarà comunque garantita la sufficiente formazione ai nuovi assunti. «L'attenzione alla formazione e alla crescita continua, soprattutto tra i più giovani, è altissima» mette in evidenza l'head hunter «ed è quindi fondamentale essere pronti a rispondere a domande di questo tipo.

Altri candidati, dopo essersi informati online sull'azienda, potrebbero inoltre chiedere come sono cambiate le priorità strategiche dell'azienda con la pandemia, e in che modo il neo-assunto dovrebbe dare il proprio contributo per raggiungere i nuovi obiettivi».

Partecipare a un colloquio di lavoro in questo periodo, quindi, potrebbe essere sensibilmente diverso da quanto ci si potrebbe aspettare, da una parte e dall'altra del tavolo.

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Digital transformation e colloqui da remoto: 6 consigli per le aziende

 Fino a qualche mese fa i colloqui da remoto, realizzati mediante videocall, erano una rarità, un’opzione utilizzata solo in particolari i casi, e unicamente da aziende e da agenzie che avevano saputo prendere di petto la digital trasformation.

L’emergenza sanitaria internazionale ha però rivoluzionato in modo importante anche il mondo della ricerca e selezione del personale, mettendo al centro dei processi proprio la tecnologia video per il recruiting dei migliori talenti. E se da una parte i candidati hanno dovuto ripensare le migliori tecniche e i più efficaci approcci per affrontare un colloquio da remoto, dall’altra parte anche le aziende, abituate a effettuare delle interviste in presenza, si sono trovate costrette ad adattarsi alla situazione.

«Lo strumento della videocall resterà indubbiamente una parte integrante del processo di selezione del personale, ben oltre le esigenze dettate dalla gestione dell’emergenza sanitaria» spiega Carola Adami, head hunter e CEO della società  di selezione di personale qualificato Adami & Associati (www.adamiassociati.com).

«Di fatto le esigenze di distanziamento sociale, da questo punto di vista, hanno velocizzato un processo già avviato all’interno del settore del recruiting, andando a sottolineare i vantaggi, in molti casi, di effettuare dei colloqui da remoto, con benefici concreti sia per l’azienda che per i candidati», spiega ancora l’head hunter.

Ma in che modo vanno organizzati i colloqui da remoto da parte dei recruiter? Come è possibili gestirli al meglio, così che le interviste a distanza abbiano la medesima efficacia dei classici colloqui di lavoro in presenza?

Carola Adami ha sottolineato 6 linee guida da seguire, per eseguire al meglio un colloquio di lavoro a distanza.


LE 6 LINEE GUIDA PER COLLOQUI DI LAVORO DA REMOTO DI SUCCESSO

1- Istruire il candidato

Nel momento in cui si contatta un candidato per fissare un colloquio di lavoro da remoto è necessario essere molto precisi, con una serie di indicazioni pratiche volte a preparare il terreno per un’intervista fluida ed efficace. È dunque necessario condividere con anticipo le necessarie informazioni relative alla piattaforma per videochiamate che verrà utilizzata, all’uso di cuffie e microfoni e via dicendo.

2- Preparare l’hardware

Non solo il candidato deve prepararsi al meglio per affrontare il colloquio di lavoro. Anche chi condurrà l’intervista da remoto deve fare lo stesso, controllando la connessione, la carica del dispositivo, il funzionamento di videocamera e microfono. Sono da preferire, in ogni caso, computer desktop e portatili, affidandosi a dei dispositivi mobili solo quando non è possibile fare altrimenti.

3- Fare un test

Prima di avviare i colloqui da remoto è necessario effettuare dei test, per individuare la presenza di eco o il corretto posizionamento della videocamera del pc. A questo proposito, quest’ultima va posizionata in modo che sia visibile il mezzo busto dell’intervistatore. È da evitare, invece, il posizionamento troppo vicino della videocamera.

4- Guardare in camera

Per analizzare il candidato intervistato il selezionatore deve studiare anche la sua gestualità e le sue espressioni, prendendo quindi in considerazione anche il linguaggio del suo corpo. Ciononostante, in alcuni precisi momenti è bene staccare lo sguardo dallo schermo per puntarlo invece verso la videocamera – posta abitualmente subito sopra: in questo modo si potrà dare al candidato l’impressione di guardarlo dritto negli occhi.

5- Lo sfondo giusto

Per una videochiamata il più possibile efficace è fluida sono da evitare gli sfondi “classici”, come per esempio le librerie: per fare in modo di restituire un’immagine nitida e chiara è consigliabile posizionarsi di fronte a uno sfondo neutro, come per esempio una parete bianca, meglio ancora se in un ambiente illuminato con della luce naturale.

6- Ripensare le tempistiche

Fare dei colloqui di selezione da remoto significa muoversi in modo più veloce. Per programmare un colloquio in videocall non è necessario aspettare delle settimane: se infatti solitamente per affrontare un colloquio di lavoro i candidati devono ritagliarsi almeno mezza giornata libera, nel caso delle videochiamate basterà un’ora del loro tempo. Non sarà poi necessario prenotare delle sale riunioni, né programmare spostamenti. Questo significa che è possibile – e consigliabile – ripensare il ritmo del processo di selezione del personale, a tutto vantaggio di azienda e candidati.

Per saperne di più visitare il sito internet www.adamiassociati.com.

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In uscita il primo Dizionario Italiano-Lakota

A battesimo il primo dizionario Italiano-Lakota, per salvare una lingua dalla estinzione
Grande plauso e consensi da studiosi e appassionati per il “Lessico Lakota”, il primo dizionario in italiano della lingua Lakota, parlata dal famoso popolo dei guerrieri Sioux-Lakota, in uscita la prossima settimana. A realizzare l’opera, la casa editrice Mauna Kea con le due curatrici, Raffaella Milandri e Myriam Blasini. L’obiettivo è salvare una preziosa lingua nativa americana, ma anche pubblicare il dizionario entro il 2019, che è l’Anno Internazionale delle Lingue Indigene proclamato dall’ONU. Ogni linguaggio è un depositario di identità, storia culturale, tradizioni e memoria, quindi vitale; e le lingue parlate dai popoli indigeni, come i Nativi Americani, sono in via di estinzione.
Nell’allarme lanciato dall’ONU, si sottolinea come su 7000 linguaggi parlati nel mondo, oltre il 40% sia a rischio di scomparire in pochi anni. Dato che la lingua Lakota è stata fino a metà dell’Ottocento una lingua solo parlata e mai
scritta, e che vi sono svariate interpretazioni della stessa, il “Lessico Lakota” è tratto da approfonditi studi delle fonti più autorevoli; ad accompagnarlo, storia, tradizioni e mitologia del popolo nativo americano. Commenta Raffaella Milandri: “Questo libro vuol dare un contributo prezioso alla cultura e alla identità del popolo Sioux-Lakota, e dare in parte giustizia alla opera di violenta prevaricazione culturale subita da milioni di nativi americani. Non dimentichiamo che la lingua Lakota, insieme a quella Navajo e ad altre, hanno contribuito attraverso i famosi code talker a salvare il mondo dalla piaga della Seconda Guerra Mondiale, usando questi linguaggi come codici indecifrabili
per i criminali nazisti”. La Milandri è attivista per i diritti umani dei popoli indigeni ed è dal 2019 membro onorario della Four Winds Cherokee Tribe in Louisiana, e adottata dal 2010 nella famiglia Black Eagle, la stessa famiglia della tribù Crow che adottò Barack Obama nel 2008. A fare da corollario al dizionario, storia e tradizioni del Lakota e citazioni dei famosi guerrieri e leader di questo popolo: Cavallo Pazzo, Toro Seduto, Alce Nero e Nuvola
Rossa, nomi che echeggiano nella leggenda in tutto il mondo. L’evento di “battesimo” ufficiale del dizionario sarà a San Benedetto del Tronto il 20 dicembre, all’interno della manifestazione della Onlus Omnibis Omnes “Homo, Festival dei diritti, delle culture, dei popoli”.

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