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In arrivo maxi multa per Google dall'Antitrust

L'Antitrust ha deciso di multare Google per il metodo di gestione dei risultati. Nel mirino anche i paradisi fiscali nel mondo da parte del colosso di Mountain Views.

La decisione dell'Antitrust

Dai paradisi fiscali nel mondo fino alla multa per via della distorsione della concorrenza per aziende e consumatori. Sembra essere proprio questa la decisione dell'Antitrust europeo nei confronti di Google, per aver violato i metodi di ricerca relativi agli annunci. Infatti proprio il servizio di shopping è stato messo sotto accusa: dopo ben sette anni di indagini, l'Antitrust ha punito il colosso di Mountain Views per i suoi metodi sul web. Infatti nel mirino ci sarebbe proprio il filtro di ricerca quando si cerca di comprare qualcosa, che avrebbe portato a distorcere il mercato e la possibilità da parte di aziende e privati. Una vera e propria maxi multa che rischia di mettere in ginocchio il colosso statunitense dopo il caos dei paradisi fiscali nel mondo.

Decisione entro i primi giorni di agosto

La decisione dell'Antitrust arriverà probabilmente ai primi di agosto, ma si parla già di una multa che potrà raggiungere il 10% del fatturato. Stando agli ultimi numeri riconducibili al bilancio 2016, Big G dovrebbe versare una somma pari a 9 miliardi di dollari. Una cifra monstre per il colosso di Mountain Views, che ora rischia davvero troppo. Il mercato, secondo le ultime fonti, avrebbe subito una vera e propria distorsione, visto che i metodi di ricerca e visualizzazione non sono mai stati chiariti. Proprio questo avrebbe fatto scattare l'allarme per evitare favoreggiamenti e prese di posizioni nei confronti di aziende amiche: rumors non confermati e che non devono essere assolutamente presi come verità assolute, parlano anche di accordi tra le grandi società. Ma da Bruxelles arrivano ulteriori guai riguardo ai paradisi fiscali nel mondo per Big G.

L'Antitrust e la strizzata d'occhio ai paradisi fiscali

A quanto pare non è la prima volta che Google finisce nel mirino dell'Antitrust. Già nel 2015 la società è stata indigata per la presenza di Paradisi fiscali nel mondo che avrebbero fatto risparmiare al colosso ben 15 miliardi di dollari. Imposte non pagate e denaro girato alle Bermuda: anche queste indagini verranno portate avanti nel corso del tempo, per evitare ulteriori problemi sul mercato europeo. Un anno da dimenticare per Google, nonostante gli introiti e i ricavi che sono arrivati. Ma la multa dell'Antitrust può davvero creare un terremoto senza precedenti: ora il colosso americano deve fare molta attenzione, altrimenti i paradisi fiscali del mondo rischiano di essere un'arma a doppio taglio. Altro che maxi multa.

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Stop alle intercettazioni: Arriva in Italia Secure Phone, il primo telefono criptato di livello militare

Milano, 7 giugno 2017 - E’ disponibile da oggi anche in Italia Secure Phone, il telefono criptato commercializzato da Secure Group. Si tratta di un telefono cellulare dall’aspetto comune, basato su due modelli di marche molto conosciute. Dietro l’aspetto “innocuo” si nasconde però una fortezza impenetrabile: il sistema operativo è progettato da zero per proteggere l’apparecchio da attacchi di hacker, malware e virus. La memoria è criptata tramite l’algoritmo AES-256, lo stesso usato dalla NSA americana per proteggere i documenti governativi più segreti. Il sistema GPS è disattivato per non rivelare la posizione dell’apparecchio. Ma sono le normali funzioni di telefono il punto forte di Secure Phone: tutte le comunicazioni vengono criptate e possono essere decifrate solo dall’interlocutore. Se anche qualcuno riuscisse a intercettare i dati durante il tragitto tra due apparecchi, questi risulterebbero incomprensibili. Infatti, i protocolli di criptaggio sono talmente sofisticati che un supercomputer potrebbe riuscire a trovare la chiave di lettura solo dopo diversi miliardi di anni di tentativi; e questo solo per un messaggio o una telefonata, in quanto la chiave è sempre diversa, e viene generata direttamente dal telefono, senza interventi esterni. Quindi nemmeno Secure Group può decifrare quello che i suoi clienti trasmettono. Secure Phone è anche in grado di rilevare la presenza di uno “spione” sulla rete telefonica, e di avvertire l’utente, che per non correre rischi è invitato a interrompere la comunicazione.

Non è tutto: se il telefono dovesse finire nelle mani sbagliate, il proprietario può cancellare la memoria a distanza, via internet. Ma i dati verrebbero comunque cancellati dopo 10 tentativi falliti di inserire la password e il pin, oppure al primo tentativo di aprire fisicamente la memoria. La cancellazione dei dati avviene seguendo un protocollo di sicurezza militare, che li rende impossibili da recuperare, nemmeno dai più avanzati sistemi forensi. Per completare il quadro, non poteva mancare la SIM: Secure Phone viene fornito con una carta anonima, chiamata Secure SIM, e un piano dati illimitato in tutto il mondo, che consente di usare il telefono in oltre 150 paesi senza alcun costo aggiuntivo. Una carta SIM anonima da sola non serve per non essere intercettati; ma unita a Secure Phone fornisce una privacy totale, in quanto nessuno può sfruttarla per identificare l’utente e localizzarlo. Tutto ciò è legale? L’abbiamo chiesto a un responsabile di Secure Group, che preferisce restare anonimo, il quale risponde: “Il nostro telefono è uno strumento per comunicare. La crittografia è legale: è come l’alfabeto farfallino che usano i bambini, solo molto più complicato. Un bambino impara in fretta a decifrare l’alfabeto farfallino, invece nessun computer dispone della potenza di calcolo necessaria per decifrare i nostri sistemi di criptaggio. Anche la Costituzione italiana, nell’articolo 15, garantisce la libertà e la segretezza delle comunicazioni. Quello che i nostri clienti dicono quando parlano con Secure Phone non è affare nostro”.

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Social Network, strumenti utili o “valvola di sfogo per gli imbecilli”?

La piattaforma di dibattito pubblico di Proversi.it pubblica oggi un testo di approfondimento sui social network, un argomento di grande attualità. Nei primi dodici anni di vita di Facebook, da febbraio 2004 a luglio 2016, lo stato dell’arte di quella porzione dell’universo virtuale che identifichiamo generalmente come mondo dei social network ha subìto profonde mutazioni.

A un primo livello di analisi, ciò che si può constatare è l’intensa proliferazione di piattaforme social tra loro anche molto diversificate. Forse non altrettanto chiaro è come si sia giunti ai livelli di pervasività toccati dai social network in così poco tempo.

Non tutti si sono mostrati favorevoli alle conseguenze che sono scaturite dalla diffusione dei social network.

Alla luce della capillarità raggiunta, e per via delle trappole e dei rischi insiti in un loro uso non appropriato, alcuni studiosi si sono dichiarati scettici sull’effettivo potenziale positivo di queste piattaforme.

“Molte persone usano i social network non per unire e per ampliare i propri orizzonti, ma piuttosto, per bloccarli in quelle che chiamo zone di comfort, dove l’unico suono che sentono è l’eco della propria voce, dove tutto quello che vedono sono i riflessi del proprio volto. Le reti sono molto utili, danno servizi molto piacevoli, però sono una trappola”, ha scritto a riguardo il filosofo Zygmunt Bauman.

Ancor più critico Umberto Eco, secondo il quale i social media rappresenterebbero una valvola di sfogo per gli “imbecilli” e un terreno fertile per la prolificazione delle bufale.

A difesa del valore mediatico dei social network si schierano, invece, Gianluca Nicoletti e Juan Carlos De Martin.

Sulla cattiva e fuorviante informazione di cui è accusato Facebook, vengono invece messe a confronto le opinioni di Mark Zuckerberg, uno dei fondatori del colosso di Menlo Park, e di Edward Snowden, informatico e attivista statunitense.

Per approfondimenti si può leggere la discussione all’idnrizzo www.proversi.it/discussioni/pro-contro/135-social-network,  seguire la Pagina Facebook www.facebook.com/iproversiProfilo, ed il profilo Twitter www.twitter.com/iproversi.

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