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Economia e finanza (8)

La crisi delle aziende non è solo colpa della pandemia e della guerra

Troppe lacune finanziare. Senza strategie di management si può arrivare al fallimento

Due anni di pandemia e le possibili ripercussioni dell’attuale crisi ucraina, hanno acceso i riflettori sulla condizione di vulnerabilità in cui vertono tante aziende italiane evidenziando molte lacune nel loro modo di fare impresa, come l’assenza di un sistema di pianificazione delle strategie di management e controllo societario.  "L’organigramma e il funzionigramma di molte aziende, quando sono presenti, non espongono presidi fondamentali e le giuste linee guida imprescindibili per una sana e corretta gestione - afferma Edoardo Corrado Caforio, amministratore unico della Abc Assevera SpA, azienda che fornisce consulenza alle aziende in materia finanziaria, tributaria, amministrativa e contabile - Emerge inoltre che in molte realtà vige l’usanza di andare dal medico quando la salute scricchiola. Ad esempio è consuetudine leggere le circolari dell’Agenzia delle Entrate ma si ignorano quelle di Banca d’Italia dove sono presenti protocolli che, se applicati (non solo alle entità finanziarie ma anche alle imprese), garantiscono il principio della sana e prudente gestione e non di meno della correttezza negli affari, nei rapporti con clienti e fornitori".

Magari non saranno solo i protocolli a evitare una crisi ma di certo sono gli strumenti necessari per prevederla, attuando delle misure atte a fronteggiare e superare le difficoltà. Si stima che, applicandoli, si salverebbero 7 aziende su 10. “È nel maggior momento di prosperità e di calma che si devono attuare degli stress test simulando la crisi - spiega Caforio - così da essere pronti a fronteggiare e superare quel momento che differentemente diverrà un ostacolo invalicabile”

Anche gli accantonamenti finanziari sono un’ottima strategia di prevenzione perché permette all’azienda di rimanere sempre profittevole. Inoltre, è bene diversificare la gestione finanziaria.

Il carico fiscale è un tema delicato e la sua gestione necessita un approccio rigoroso e strategie performanti, che prevedano l’accantonamento delle risorse occorrenti e non il mero trattamento contabile. A esclusione delle grandi realtà, non sempre nell’organigramma aziendale sono presenti i profili professionali specialistici. "Se l’azienda è seguita in maniera puntuale, con l’applicazione di un modello standardizzato di studio, di ricerca e di applicazione, si possono ottenere enormi risultati su l'alleggerimento del carico fiscale - spiega Caforio - Avvalersi di un consulente esterno specializzato può essere la soluzione, purché non diventi un ulteriore costo da sostenere".

 

Infine non è sempre vero che delocalizzare la propria attività migliora i profitti. "L’unica economia che si sviluppa in questi casi - conclude Caforio - è quella di amplificare le proprie spese, dovendo corrispondere laute parcelle ai professionisti che gestiscono questi beni all’estero o si occupano dell’attivazione delle operazioni di internazionalizzazione”.

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Telefonia: la partnership tra Banca Prealpi SanBiagio e Telcavoip porta al 60% di risparmio sulla telefonia

L’Istituto di credito Banca Prealpi  SanBiagio, una delle top 5 BCC Italiane con un patrimonio netto di 368,6 milioni di euro, ha siglato una partnership con TelcaVoIP International Ltd (www.telcavoip.net), a cui ha affidato la realizzazione dell’intera infrastruttura di telecomunicazioni IP-VoIP per la nuova sede centrale di Portogruaro (Ve), che garantirà un risparmio del 60% sui costi a bilancio per la telefonia e connettività internet.

La prestigiosa partnership, siglata con una delle aziende leader in Europa nel campo delle moderne telecomunicazioni IP-VoIP, garantirà all’istituto bancario un’infrastuttura di telecomunicazioni indipendente ed autonoma basata sulla tecnologia VoIP.

L’istituto di credito, con il proprio management tecnico informatico, ha sposato appieno le innovative soluzioni IP-VoIP proposte dall’azienda di telecomunicazioni londinese, alla luce delle refenze di cui TelcaVoIP International Ltd vanta in tutta Europa (www.paradavisual.com/tecnologia-voip-para-rastreo-y-recuperacion-de-vehiculos-telcavoip).

“TelcaVoIP International è davvero orgogliosa di essere stata scelta quale partner tecnologico da un ente bancario così importante e conosciuto nel triveneto ha affermato Fabrizio Guerra CEO dell’azienda Inglese di Telecomunicazioni, segno che la reputazione che abbiamo saputo costruire con impegno e passione viene riconosciuta ai più alti livelli”

Con questo nuovo prestigioso accordo ottenuto da TelcaVoIP International Ltd, arrivato dopo il recente successo ottenuto al fianco di Regione Lombardia per la gestione del monitoraggio delle auto rubate e dei veicoli inquinanti, TelcaVoIP International Ltd rafforza ulteriormente la propria leadership nelle telecomunicazioni sul territorio Italiano, aggiungendo al proprio portafoglio clienti un’altro marchio di prestigio.

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In arrivo maxi multa per Google dall'Antitrust

L'Antitrust ha deciso di multare Google per il metodo di gestione dei risultati. Nel mirino anche i paradisi fiscali nel mondo da parte del colosso di Mountain Views.

La decisione dell'Antitrust

Dai paradisi fiscali nel mondo fino alla multa per via della distorsione della concorrenza per aziende e consumatori. Sembra essere proprio questa la decisione dell'Antitrust europeo nei confronti di Google, per aver violato i metodi di ricerca relativi agli annunci. Infatti proprio il servizio di shopping è stato messo sotto accusa: dopo ben sette anni di indagini, l'Antitrust ha punito il colosso di Mountain Views per i suoi metodi sul web. Infatti nel mirino ci sarebbe proprio il filtro di ricerca quando si cerca di comprare qualcosa, che avrebbe portato a distorcere il mercato e la possibilità da parte di aziende e privati. Una vera e propria maxi multa che rischia di mettere in ginocchio il colosso statunitense dopo il caos dei paradisi fiscali nel mondo.

Decisione entro i primi giorni di agosto

La decisione dell'Antitrust arriverà probabilmente ai primi di agosto, ma si parla già di una multa che potrà raggiungere il 10% del fatturato. Stando agli ultimi numeri riconducibili al bilancio 2016, Big G dovrebbe versare una somma pari a 9 miliardi di dollari. Una cifra monstre per il colosso di Mountain Views, che ora rischia davvero troppo. Il mercato, secondo le ultime fonti, avrebbe subito una vera e propria distorsione, visto che i metodi di ricerca e visualizzazione non sono mai stati chiariti. Proprio questo avrebbe fatto scattare l'allarme per evitare favoreggiamenti e prese di posizioni nei confronti di aziende amiche: rumors non confermati e che non devono essere assolutamente presi come verità assolute, parlano anche di accordi tra le grandi società. Ma da Bruxelles arrivano ulteriori guai riguardo ai paradisi fiscali nel mondo per Big G.

L'Antitrust e la strizzata d'occhio ai paradisi fiscali

A quanto pare non è la prima volta che Google finisce nel mirino dell'Antitrust. Già nel 2015 la società è stata indigata per la presenza di Paradisi fiscali nel mondo che avrebbero fatto risparmiare al colosso ben 15 miliardi di dollari. Imposte non pagate e denaro girato alle Bermuda: anche queste indagini verranno portate avanti nel corso del tempo, per evitare ulteriori problemi sul mercato europeo. Un anno da dimenticare per Google, nonostante gli introiti e i ricavi che sono arrivati. Ma la multa dell'Antitrust può davvero creare un terremoto senza precedenti: ora il colosso americano deve fare molta attenzione, altrimenti i paradisi fiscali del mondo rischiano di essere un'arma a doppio taglio. Altro che maxi multa.

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Smart Working: ecco come cambia il lavoro ai tempi dell’Industria 4.0

Con il Ddl sul lavoro autonomo e sul lavoro agile è arrivata finalmente anche in Italia una definizione normativa dello smart working: con questa regolamentazione a livello nazionale il lavoratore flessibile dipendente non sarà più un fenomeno su cui chiudere un occhio, quanto invece un ruolo disciplinato in tutto e per tutto.

Abbracciare lo smart working, dunque, significa poter usufruire della modalità flessibile di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato, con tutti i vantaggi che questa può offrire sia alle aziende che ai lavoratori.

Stando alla nuova normativa, la prestazione lavorativa ‘agile’ dovrà dunque avvenire in parte all’interno dei locali aziendali, in parte all’esterno. La scrivania fissa da questo punto di vista non esiste quindi più, ma continuano invece a permanere i ferrei limiti massimi di orario giornaliero e settimanale.

«Il concetto stesso di smart working ci ricorda che il termine ‘lavoro’ non è, e soprattutto non può essere, sinonimo di ‘luogo’» spiega Carola Adami, fondatrice e CEO di Adami & Associati (www.adamiassociati.com), società specializzata in ricerca di personale qualificato per Pmi e multinazionali.

«Colossi informatici come Google e Microsoft stanno sperimentando con successo il lavoro agile da anni, con dei risultati del tutto incoraggianti in fatto di efficienza e produttività. Dare ai propri dipendenti maggiore autonomia e flessibilità, infatti, porta molto spesso ad una crescita del senso di appartenenza nei confronti della propria impresa».

In Italia lo smart working è già stato sdoganato da molte aziende quali per l’appunto Microsoft Italia, ma anche Enel, Vodafone, Ferrovie dello Stato e Unicredit, solo per citarne alcune. Guardando ai risultati dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, attualmente gl smart worker in Italia sono circa 250mila: tanti sono infatti i lavoratori dipendenti che possono decidere sostanzialmente in autonomia i propri orari, i propri strumenti e le proprie postazioni di lavoro.

A conti fatti, dunque, sono già in tutto e per tutto ‘lavoratori ‘agili’ circa il 7% dei dipendenti tra dirigenti, quadri ed impiegati, segnando così un clamoroso aumento del 40% rispetto al 2013, anno in cui in Italia il concetto di smart working era poco più che un sussurro nei soli corridoi delle multinazionali.

Ancora oggi, del resto, la prestazioni smart sono caratteristica peculiare delle grandi aziende, mentre nell’universo delle Pmi questa nuova modalità deve ancora prendere slancio: qui, infatti, solo il 5% dei business ha realizzato dei progetti di questo tipo durante il 2016.

«Soprattutto nel mondo delle piccole e delle medie imprese, manca ancora oggi una solida cultura del lavoro flessibile» ha commentato Carola Adami, aggiungendo che «il pensiero che un impiegato che lavora all’esterno dell’ufficio rende di meno è infatti un pregiudizio difficile da eliminare».

Bisogna però scoprire cosa cambierà con l’applicazione delle nuove regole. I dati relativi al 2016 ci dicono infatti che il dipendente ‘agile’ in Italia è nel 69% dei casi di sesso maschile, ha mediamente 41 anni ed è occupato perlopiù del settentrione (tra gli impiegati smart individuati in Italia il 52% vive infatti al Nord, il 38% al Centro e il 10% al Sud).

«Con questa nuova regolamentazione dello smart working i numeri potrebbero però cambiare» ha spiegato Adami «in quanto tra il Ddl sembra confezionato appositamente per aiutare quelle donne che ad oggi rinunciano ad un’occupazione stabile per evitare di allontanarsi ogni giorno dalla propria abitazione e dai propri figli».

I casi da cui prendere esempio per esportare la modalità di smart working anche nella propria azienda, come anticipato, non mancano di certo. Basti guardare ad Enel: dopo una partenza sperimentale con 500 dipendenti che hanno avuto la possibilità di lavorare lontano dai propri uffici per un giorno alla settimana, si è passati alla fase vera e propria dell’iniziativa, che ha visto entrare in modalità smart working ben 7.000 dipendenti in tutta Italia.

Quando si parla di digitalizzazione del mondo del lavoro e di Industria 4.0, del resto, si parla in fin dei conti anche di questo: la tecnologia deve e può essere al servizio sia dei lavoratori che delle imprese, per un miglioramento reciproco.

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MONTE DEI PASCHI DI SIENA, PARTE IL PRIMO PIGNORAMENTO

MONTE DEI PASCHI DI SIENA, PARTE IL PRIMO PIGNORAMENTORoma, 29/01/2016 – Il ministro dell’economia italiano Pier Carlo Padoan ha trovato l’accordo per “salvare” le banche in difficoltà a causa dei crediti deteriorati decidendo per la cessione delle sofferenze (CAGS).

Il Vice-Presidente Nazionale di Confedercontribuenti Alfredo Belluco dichiara in merito: “I 200 miliardi di euro che gli istituti di credito ‘soffrono’ potrebbero essere ben poca cosa rispetto agli svariati miliardi che le banche italiane e straniere operanti in Italia, dovrebbero restituire ad artigiani e imprese per probabili calcoli illeciti, commissioni non dovute e/o non lecitamente pattuite, interessi sugli interessi e usura, con il sistematico superamento del tasso-soglia massimo previsto dalla legge 108/96”.

Tra le numerose sentenze e accordi stragiudiziali, che la Confedercontribuenti ha seguito, oltre a quelli in sede di mediazione obbligatoria, che hanno visto le banche soccombere o accettare onerosi soluzioni bonarie, è importante la recentissima sentenza del Tribunale di Padova del 15/11/2015, che sarà resa esecutiva lunedì prossimo.

L’ufficiale Giudiziario alla presenza del Presidente Nazionale Carmelo Finocchiaro, del Coordinatore di Confedercontribuenti Veneto Alfredo Belluco, della Coordinatrice Nazionale Franca Decandia e dell’Avv. Giuseppe Baldassarre, effettuerà il pignoramento della somma stabilita dalla sentenza presso la sede centrale del Monte dei Paschi di Siena.

“Si tratta di un presunto debito di quasi 140 mila euro, che un imprenditore aveva e che il Giudice in tempo record di 18 mesi ha ribaltato in quasi 160 mila euro a suo favore, assistito dall’avvocato Giuseppe Baldassarre di Bari per Confedercontribuenti” – spiega Belluco.

“L’operazione ‘salva-banche’ potrebbe rivelarsi un BOOMERANG per lo Stato italiano, che si vedrebbe costretto a garantire crediti inesigibili, dovendo sborsare fior di decine di miliardi, frutto della tassazione diretta e indiretta” – conclude Belluco.

Il presidente della Confedercontribuenti Carmelo Finocchiaro, dichiara: “Abbiamo bisogno di banche che a fianco dell’impresa e della famiglia contribuiscano alla crescita del Paese applicando tassi d’interesse giusti ma soprattutto concepire il cliente nella sua completezza offrendogli il giusto supporto nei momenti più critici e non dargli la spinta per crollare. La Banca d’Italia, che deve tornare ad essere un organismo di garanzia e controllo dello Stato e non delle Banche, deve vigilare”.

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Equitalia: "Con questo sistema lo Stato istiga all'usura"

Equitalia: Roma, 29 dicembre 2015 - "Non ci sono dubbi che si tratta di istigazione a ricorrere all’usura. Imprese e famiglie per salvare azienda, casa, stipendio o pensione, si indebitano e spesso sbagliando si rivolgono finanche agli usurai criminali, per pagare a loro volta costi da “tassi d’usura” ad Equitalia. Perchè se non paghi Equitalia, la società dello Stato ti blocca tutto e ti mette in vendita i beni dei tuoi figli. Equitalia non distingue se non si vuole pagare o non si puo’ pagare. Bisogna fermare questa illegalità di Stato". Il Presidente di Confedercontribuenti, Carmelo Finocchiaro è chiaro nel denunciare questa situazione voluta dallo Stato, per poi fra l'altro ottenere scarsissimi risultati in termini di incassi. Equitalia e’ lo strumento scelto per vessare i suoi cittadini onesti e capace di controllare come non sarebbe mai avvenuto nei peggiori sistemi antidemocratici. Peccato che i contribuenti "controllati" sono coloro che invece che evadere, hanno presentato una regolare dichiarazione dei redditi o un adempimento INPS o relativo ad un tributo locale o nazionale e non hanno potuto pagare. "Noi non rappresentiamo cittadini e imprenditori che vanno in Ferrari - dice Finocchiaro - ma cittadini onesti che non hanno potuto pagare. E’ chiaro a tutti che Equitalia ha fallito nel recuperare i soldi dei disonesti e della casta. E’ stata capace solo di colpire solo chi lavora e produce. Ecco perchè va subito affrontata la modifica legislativa della legge sulla riscossione" aggiunge infine Finocchiaro.

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“Commercialista in digitale”, per conquistare più notorietà e più clienti

I commercialisti italiani sono – in media – soddisfatti delle loro dotazioni informatiche: l’utilizzo di software validi e ben strutturati permette loro di vantare un’ottima efficienza complessiva.La rivoluzione digitale arriva anche nel mondo dei commercialisti: oggi è importante diventare un “commercialista in digitale” per ottenere più notorietà e più clienti grazie  al Digital Branding per il professionista. A Milano incontri e corsi per affrontare nel dettaglio le nuove modalità di comunicazione digitale,  per ottenere subito spunti pratici diventare subito operativo…

Diventare commercialisti “digitali” per essere più competitivi? Ebbene sì, oggi la risposta non può che essere che questa. Le potenzialità dei “new media” sono una grande opportunità per ogni commercialista deciso ad accrescere la propria notorietà e – ovviamente – il numero dei propri clienti .

ACQUISIRE NOTORIETÀ E NUOVI CLIENTI

La rivoluzione digitale – che caratterizza l’attuale momento storico – permette a ogni professionista di promuoversi sui motori di ricerca, di distinguersi con un proprio sito web ricco di contenuti, di utilizzare i social media per entrare in contatto con nuovi clienti: in altre parole, ognuno di noi (commercialisti inclusi) oggi ha a disposizione una moltitudine di nuovi strumenti per auto-promuoversi.

Saper veicolare la propria professionalità sul web diventa così un fattore vincente: grazie al digitale, il commercialista (da sempre punto di riferimento dell’innovazione per le sue aziende clienti) può costruire una rete di relazioni più ampia e solida e monitorare da vicino la propria reputation.

Un’opportunità da cogliere subito per rinnovarsi e affrontare le nuove sfide con la massima efficienza: ma come fare in concreto?

ICT E COMMERCIALISTI: LO STATO DELL’ARTE IN ITALIA

I commercialisti italiani sono – in media – soddisfatti delle loro dotazioni informatiche: l’utilizzo di software validi e ben strutturati permette loro di vantare un’ottima efficienza complessiva.

Elemento strategico trainante dello sviluppo delle soluzioni informatiche attuali (sia contabili sia fiscali) è il paradigma dell’integrazione studio-cliente, dove l’ICT (information and communication technology) viene vista come abilitante per instaurare una nuova modalità di comunicazione commercialista-cliente, per offrire inediti servizi e per fidelizzare i clienti già acquisiti.

Così, i migliori software di produttività sono ottimizzati e integrati a piattaforme web per lo scambio di documenti: ad esempio, direttamente dalla contabilità o dal programma dichiarativo, il commercialista può pubblicare i documenti contabili e fiscali generati dal sistema, che saranno sempre leggibili ai suoi clienti (provvisti di accessi accuratamente protetti).

COMMERCIALISTI DI SUCCESSO SI DIVENTA

Gestiti al meglio i clienti attuali, il passo successivo – fondamentale per il successo dello studio – è aumentare il proprio business: per fare ciò, vanno aperti canali di comunicazione più innovativi e volti ad aumentare lapropria notorietà.

Una sfida che ogni commercialista può vincere in poco tempo: basta conoscere come utilizzare queste nuove leve strategiche e costruire una notorietà mai raggiunta prima.

DIGITAL BRANDING: PIU’ BUSINESS PER IL  COMMERCIALISTA

Si parla di ‘Digital Branding’ o ‘Personal Branding’ per indicare proprio l’insieme delle strategie che ogni commercialista – e ogni professionista – può attivare per la propria auto-promozione, sfruttando il web e i social network. Un modo davvero innovativo per emergere e fare la differenza.

Come? Per ottenere il massimo risultato, Digital Sfera organizza a Milano degli incontri che affrontano nel dettaglio le nuove modalità di comunicazione digitale, dando ad ogni partecipante degli spunti pratici per essere subito operativo, chiarire i dubbi sull’argomento e migliorare in breve tempo la propria notorietà sul web.

Si tratta di corsi accreditati dal CNDCEC – Consiglio Nazionale Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili – per cui vengono riconosciuti ai partecipanti crediti formativi per ogni modulo, nelle seguenti date:

Date del modulo 1: 19/10/2015 16/11/2015 07/12/2015
Date del modulo 2: 26/10/2015 23/11/2015 14/12/2015

Quì trovate il programma completo di date. Per maggiori informazioni scrivere a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. oppure telefonare ai numeri +39 02.37.920.372 e +39 02.26.715.1

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Europa Bocciata dai Greci: Tsipras Vincitore. Ecco Ora Cosa Fare per Proteggere i Risparmi.

Europa Bocciata dai Greci: Tsipras Vincitore. Ecco Ora Cosa Fare per Proteggere i Risparmi.I Greci han voltato le spalle all’Europa. Tsipras si rafforza e ora tenterà di trattare nuovamente. È quasi certo che l’Europa gli chiuderà le porte in faccia per non ridisegnare le regole europee sotto ricatto. Forti dell’arsenale della Bce gli Stati del Sud Europa dovrebbero essere protetti dalla speculazione. Attenzione, dicono gli analisti di Altroconsumo Finanza, stiamo parlando dei titoli di Stato, le Borse sono un’altra cosa. In più è probabile che chi ha dovuto attuare politiche di austerità come il Portogallo e l’Irlanda siano i primi a non essere indulgenti con Atene (altrimenti ogni sforzo compiuto verrebbe sbugiardato dal “liberi tutti” greco e chi ha imposto lacrime e sangue ora inutili rischia nelle prossime elezioni).

L’ANTICAMERA DI UNA NUOVA DRACMA

Vincenzo Somma, direttore di Altroconsumo Finanza: “Le conseguenze per la Grecia sono che il 20 luglio non paga i debiti. Va in default. La Bce non può più (le è vietato) sostenere le banche greche. Mancherà il denaro anche allo Stato per fare i suoi pagamenti. Il blocco degli sportelli continua. Il governo potrebbe pagare i dipendenti e i fornitori con delle sorte di “pagherò” o miniassegni che potrebbero divenire una anticamera della nuova Dracma. Siamo in un terreno inesplorato. C’è chi parla di uscita dall’Unione europea (non è prevista l’uscita dal solo euro), ma le vicende di questi giorni insegnano che le sorprese sono sempre possibili. Una di queste potrebbero essere che il presidente greco (non è del Partito di Tsipras) si dimetta così che il Parlamento sia chiamato a eleggerne un altro; visto che non c’è la maggioranza necessaria si andrebbe di nuovo alle urne”. Scenario molto incerto secondo Somma.

ANCORA INCERTEZZA

In questo momento i mercati sono già crollati per tener conto della sorpresa. Una volta subìto il colpo, però, le loro dinamiche potrebbero sganciarsi dalla Grecia. I tassi non subiranno grossi sbalzi grazie alla Bce. Le Borse si riprenderanno piano piano, a meno che non si dimetta il presidente, in tal caso il rinnovo della prospettiva di incertezza potrebbe generare una serie di alti e bassi. Il cambio dell’euro col dollaro paradossalmente potrebbe venir rafforzato dal venir meno della zavorra greca. Una Europa senza la Grecia, risulta, infatti più compatta.

Se non si dimette il presidente si potrebbe aspettare che la bufera passi e investire secondo i consigli di Altroconsumo Finanza senza farsi problemi per Atene. Ovviamente in questa fase ogni titolo imparentato con la Grecia va in ogni modo evitato e, appena possibile, venduto, consigliano da Altroconsumo Finanza anche se hanno perso molto. Che le cose siano andate male non significa che non possano andare peggio. Sconsigliato farsi trovare col cerino in mano.

Se il presidente si dimette si riaprono scenari incerti e alti e bassi man mano che l’elezione di un nuovo Parlamento terrà banco. In questa situazione si dovrà tenere sotto mano i certificate long (42,75 euro, Isin DE000SG409M1 scommette su un rialzo di Borsa) e short (0,81 euro, Isin DE000SG409N9 scommette su un ribasso) di Société Générale per seguire giorno dopo giorno ogni evento e specularci (o proteggere il tuo portafoglio, gli strumenti sono gli stessi)

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