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Dave Eggers, giovane talento della narrativa americana.

Dave Eggers, giovane talento della narrativa americana. Dave Eggers, classe 1970, è uno dei giovani talenti della narrativa americana. Nel 2001 esce il suo primo romanzo L’opera struggente di un formidabile genio : praticamente la storia della sua vita.

A poco più di vent’anni Dave rimane orfano di entrambi i genitori, morti di cancro nel giro di qualche mese. Una tragedia devastante e inaspettata che lo costringe a fare da padre e da madre al fratellino di appena otto anni e a rimettere in discussione progetti e stili di vita. Senza però farsi prendere dal panico, Dave vende la casa di famiglia e da Chicago si trasferisce in California con il piccolo Toph. Prima Berkeley poi San Francisco, il nuovo corso dei fratelli Eggers è una sfida  difficile ed emozionante, prodiga di esperienze e di una sconfinata libertà. I soldi ricavati con la casa basteranno per i primi  tempi ma non per sempre. Dave trova un lavoro e con altri amici mette su una rivista satirica di nome “Might” – nella realtà “McSweeney’s“ la rivista letteraria più invidiata al mondo. Le sue giornate sono frenetiche e piene di incombenze: l’ufficio, la rivista, la scuola di Toph, le faccende domestiche, di tanto in tanto il sesso. Vero o immaginato fa lo stesso. Il rapporto tra i due fratelli è di grande complicità: Dave e Toph giocano a frisbee sulla spiaggia, recitano il ruolo di padre e figlio, si prendono cura l’uno dell’altro. Sono queste le pagine più emozionanti e tenere del romanzo.

La parte centrale del racconto si perde in una serie di divagazioni prolisse, direi superflue. Ma negli ultimi capitoli la trama riprende ritmo e toni iniziali e l’opera del formidabile genio ritorna struggente. Dave parte per Chicago, fa visita ai nuovi abitanti della vecchia casa di famiglia e finalmente recupera le ceneri di sua madre “Il sacchetto aperto lascia intravedere meglio la forma e i colori delle pietruzze all’interno. Che cosa sarà il bianco? Le ossa?”. Si rimette in macchina e corre verso il lago. Si ferma, guarda la scatola, decide di liberarsene. Apre l’involucro sistemato all’interno e lancia goffamente il contenuto facendo cadere una parte delle ceneri sulle scarpe.  “Non riesco a decidere se quello che sto facendo è bello e nobile e giusto oppure meschino e disgustoso. Lei avrà una vita dopo la morte, ma io non l’avrò perché non credo”. Un gran libro – finalista al Pulitzer -  una prosa moderna e raffinata, l’intuizione di un formidabile genio, coraggioso e anche un po’ spavaldo.

(Angelo Cennamo)            

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Benzine di Gino Pitaro

Trama e note:

Benzine di Gino PitaroLuigi ha trentacinque anni e vive nell'hinterland romano. La sua vita è scandita da lavori saltuari e precari, dall'impegno nel dottorato di ricerca, dalle amicizie.
Spiccano tra le sue frequentazioni, Natalia, un'immigrata russa, poi Verena e Giusy - che coltivano con lui la passione per l'impegno politico, per il cinema e per la cultura in genere -, ma soprattutto Antonio che, impiegatosi presto dopo gli studi, è un po' un punto di riferimento per il gruppo.
Luigi vive un rapporto conflittuale con Guido, compagno d'università, il quale si trova a suo agio nei meandri della lotta studentesca, mentre il multirazziale e un po' bizzarro quartiere di residenza, nonché il condominio dove abita, riempiono le sue giornate di episodi eccentrici e liminali.
La comitiva si divide fra battaglie sociali e il piacere di stare insieme, condividendo piccole-grandi avventure, spesso vissute con ironia - come sottilmente ironico e umoristico è l'io narrante -, mentre in altre emerge un ideale romantico dell'esistenza.
Non mancano momenti esilaranti da “gioventù di Campo de' Fiori”, ma sullo sfondo si delinea con potenza e singolarità una certa periferia romana che, di fatto sconosciuta e oggetto di manierismi post pasoliniani, mai è stata trattata nella sua specificità in tempi recenti, preferendo appunto il “comodo” rifugio del romano del nordest per eccellenza, ovvero Pier Paolo Pasolini, il “prezzemolo di Roma”, citato a (s)proposito dal mondo culturale in una variegata gamma di situazioni.
Luigi sperimenta sulla propria pelle le contraddizioni del movimento universitario, ma il mettersi alla prova lo orienta verso nuove domande e diversi sentieri da percorrere, nonostante sia invitato da Giusy e Verena a continuare ad essere un punto di riferimento all'interno dell'occupazione.
Il pendolarismo e la questione rom diventano un particolare metronomo della narrazione, e ci trasmettono il gusto vero e forte anche attraverso il non detto.
Gli accadimenti si susseguono altalenanti in un contesto di cambiamenti individuali e sociali.
Ma c'è un avvenimento più grande che incombe sulle esistenze dei protagonisti e sconvolgerà le loro vite, determinando conseguenze per tutti e segnando sorprendenti tappe del destino.
Le cose non sono sempre come sembrano e le persone che ci sono accanto possono rivelare aspetti reconditi e sconosciuti. Chi sono gli amici di Luigi?

Personaggi, situazioni e dialoghi offrono un orizzonte originale eppure pregnante, forse perché sostanzialmente la periferia italiana è vista più dall'occhio dell'intellettuale che non vi è immerso che da quello di chi la conosce davvero. Il Nordest di Roma assurge a simbolo di un nordest che non è solo un contesto geografico metropolitano, italiano o internazionale, ma un luogo dell'anima ben definito, con il suo essere “bastardo”, ovvero frutto di un'alchimia tra la grande città e il confine dei piccoli centri adiacenti, che spesso si fondono. Come in una sorta di parallelismo, ciò accade anche tra grandi aree geografiche: il movimento orario, “verso est” (e non antiorario) crea l'osmosi continua dell'esistente. Questa identità ibrida genera dei nuovi paradigmi sociali e antropologici, mai affrontati in forma di narrazione.
E anche Pier Paolo Pasolini chi è se non un figlio del nordest?
I protagonisti percorrono un cammino di iniziazione, lungo questa costellazione umana.
Le metafore o allegorie del fuoco e degli elementi, spesso alternate a denominazioni geometriche, tracciano il libro e si fanno polarizzatrici di curiose convergenze, che sconfinano con la cultura pop. E come capita spesso il locale spiega il globale più di ogni altra cosa.

 

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Don Delillo, padre della letteratura postmoderna.

Don Delillo, padre della letteratura postmoderna.Alto, biondo, prestante, manager di una famosa rete televisiva: alla soglia dei trent’anni David Bell può dirsi un uomo affermato. New York è una città tentacolare e seducente nonostante gli echi della guerra in Vietnam. Le feste a Manhattan, gli amici, il sesso – meglio se con la ex moglie – e quella frenetica atmosfera di conquista lo fanno però sprofondare in un vuoto insopportabile. All’apice del successo David decide allora di mollare tutto e con un vecchio camper e tre amici stravaganti parte per un viaggio nel cuore dell’America “una specie di racconto in prima persona, ma senza che io sia fisicamente presente, se non di sfuggita. Sarà in parte sogno, in parte narrazione. Un tentativo di esplorare certi aspetti della mia coscienza”. Pubblicato nel 1970 ( in Italia solo nel 2000) Americana è il romanzo di esordio di Don Delillo - scrittore nato nel 1936 nel Bronx da una famiglia di origine italiana, padre della letteratura postmoderna nonché ispiratore e maestro di diverse nuove leve della narrativa Usa. Americana non sarà forse all’altezza di Underworld o del Rumore bianco - i capolavori di Delillo arriveranno qualche anno più tardi - e forse neppure del più noto roadbook  Sulla strada  di Jack Kerouac, al quale lo scrittore italo-americano sembra essersi ispirato, ciò nonostante l’opera va annoverata tra i migliori romanzi americani dell’ultimo scorcio del ‘900 se non altro per la qualità della scrittura e per il vigore con il quale l’autore è riuscito a riprodurre lo stile, le ossessioni e il linguaggio di una certa antropologia newyorkese. Dal ritmo sostenuto e ricco di personaggi simili che talvolta si confondono in una prolissità  eccessiva “un romanzo lungo e incasinato” a dirlo è lo stesso protagonista, Americana  - specie nella prima parte - offre un interessante spaccato degli ambienti crudi e trasgressivi dello show business televisivo, e contrappone l’edonismo cinico della borghesia metropolitana alla sofferenza dimenticata, quasi occultata dai media, dei militari in Vietnam. La fuga verso l’America meno sofisticata delle piccole città e della provincia diventa allora per il giovane David una sorta di catarsi necessaria per ritrovare se stesso e i valori della vita vera, il tentativo disperato e commovente di scrivere la storia di un’altra umanità. 

(Angelo Cennamo)

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