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Don Delillo, padre della letteratura postmoderna.

Don Delillo, padre della letteratura postmoderna.Alto, biondo, prestante, manager di una famosa rete televisiva: alla soglia dei trent’anni David Bell può dirsi un uomo affermato. New York è una città tentacolare e seducente nonostante gli echi della guerra in Vietnam. Le feste a Manhattan, gli amici, il sesso – meglio se con la ex moglie – e quella frenetica atmosfera di conquista lo fanno però sprofondare in un vuoto insopportabile. All’apice del successo David decide allora di mollare tutto e con un vecchio camper e tre amici stravaganti parte per un viaggio nel cuore dell’America “una specie di racconto in prima persona, ma senza che io sia fisicamente presente, se non di sfuggita. Sarà in parte sogno, in parte narrazione. Un tentativo di esplorare certi aspetti della mia coscienza”. Pubblicato nel 1970 ( in Italia solo nel 2000) Americana è il romanzo di esordio di Don Delillo - scrittore nato nel 1936 nel Bronx da una famiglia di origine italiana, padre della letteratura postmoderna nonché ispiratore e maestro di diverse nuove leve della narrativa Usa. Americana non sarà forse all’altezza di Underworld o del Rumore bianco - i capolavori di Delillo arriveranno qualche anno più tardi - e forse neppure del più noto roadbook  Sulla strada  di Jack Kerouac, al quale lo scrittore italo-americano sembra essersi ispirato, ciò nonostante l’opera va annoverata tra i migliori romanzi americani dell’ultimo scorcio del ‘900 se non altro per la qualità della scrittura e per il vigore con il quale l’autore è riuscito a riprodurre lo stile, le ossessioni e il linguaggio di una certa antropologia newyorkese. Dal ritmo sostenuto e ricco di personaggi simili che talvolta si confondono in una prolissità  eccessiva “un romanzo lungo e incasinato” a dirlo è lo stesso protagonista, Americana  - specie nella prima parte - offre un interessante spaccato degli ambienti crudi e trasgressivi dello show business televisivo, e contrappone l’edonismo cinico della borghesia metropolitana alla sofferenza dimenticata, quasi occultata dai media, dei militari in Vietnam. La fuga verso l’America meno sofisticata delle piccole città e della provincia diventa allora per il giovane David una sorta di catarsi necessaria per ritrovare se stesso e i valori della vita vera, il tentativo disperato e commovente di scrivere la storia di un’altra umanità. 

(Angelo Cennamo)

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La leggendaria vita di John Fante.

La leggendaria vita di John FanteChe vita leggendaria quella di John Fante! Un romanzo parallelo a tutti quelli che ha scritto. Forse il più bello. Una vita difficile fatta di stenti e di mete rincorse con mille sacrifici, tra sogni, delusioni e tanti compromessi. Ma il tempo è galantuomo. Prendete ad esempio La strada per Los Angeles, il suo primo romanzo: Fante lo scrisse nel 1936 ma il libro venne pubblicato solo nel 1985, due anni dopo la morte dell’autore. Più o meno la stessa sorte che toccò a Chiedi alla polvere, da molti considerato il  capolavoro di Fante. Pubblicato nel 1939,  Ask to dust venne consacrato come bestseller ben quarant’anni dopo  grazie ad una fortunosa ristampa pretesa da Charles Bukowsky, che di quel libro scrisse anche una toccante prefazione. Racconta Bukowsky che nel personaggio di Arturo Bandini – alter ego di Fante - rivide se stesso, e nella trama del romanzo la sua gioventù sbandata, vissuta alla ricerca affannosa di fama e di denaro.

La saga di Arturo Bandini  ha inizio proprio con La strada per Los Angeles, il libro che Fante non vide mai pubblicato. Bandini è un ragazzo ribelle, megalomane, litigioso, mezzo matto, e anche goffo quando si vanta in pubblico del suo sapere. Per sbarcare il lunario e mantenere una famiglia di “femmine e parassite” si cimenta senza fortuna e con poca voglia in mille mestieri. Li molla tutti. Fino a quando lo zio Frank - quel minus habens, lo scemus americanus - lo costringe a lavorare al porto, in un conservificio. Lui, l’uomo colto, l’instancabile lettore di Nietzsche, Kant e Schopenhauer, lo scrittore! Come può abbassarsi a tanto Arturo Gabriel  Bandini? “Sono qui non per il vil denaro” – dirà il protagonista allo strano tipo che lo ha assunto controvoglia  – “ma per fare un reportage sull’industria ittica americana”. Quanto resisterà il “grande scrittore Bandini” in quel posto puzzolente e degradante? “Con la valigia in mano, scesi allo scalo ferroviario: mancavano 10 minuti al treno di mezzanotte per Los Angeles. Mi sedetti e incominciai a pensare al nuovo romanzo”. Comico, graffiante, emozionante e molto di più.

(Angelo Cennamo) 

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La letteratura postmoderna di David Foster Wallace

La letteratura postmoderna di David Foster WallaceSono solo tre i romanzi che David Foster Wallace ci ha lasciato prima di congedarsi dalla vita nel 2008: La scopa del sistema, la coraggiosa rielaborazione della sua tesi di laurea in filosofia; Infinite Jest, il capolavoro, l’opera fluviale di oltre 1.200 pagine che lo ha consacrato come uno dei maggiori talenti della letteratura americana e mondiale della sua generazione o, se preferite,  “il principe della letteratura contemporanea americana” secondo la definizione di Details; Il re pallido il romanzo sulla noia al quale Wallace stava lavorando prima di morire, pubblicato postumo dal suo editor. Qualche anno prima, nel 2004, esce Oblio, una raccolta di otto romanzi brevi con i quali Wallace dimostra di avere una straordinaria ecletticità anche di stile.

Recensire un libro di Wallace è a dir poco complicato: si rischia cioè di non rendere bene il senso – talvolta perfino di non capire il vero significato – di quello che c’è scritto. Quella di Wallace è infatti una letteratura postmoderna e argomentativa che ha pochi precedenti, un “realismo isterico” indefinibile che scompagina ogni ricostruzione filologica. Quello che si può dire è che Wallace sa cogliere in profondità il marcio della società americana e sa raccontare il  malessere e la noia dei suoi protagonisti, quasi sempre segnati da traumi infantili. Il suo modo di scrivere è vertiginoso, schizofrenico, una sequela di virtuosismi che spaziano in una complessità non sempre alla portata del lettore. La narrazione frammentaria – tipica dello stile postmoderno - annulla la sequenza temporale; attraverso fitte descrizioni di immagini legate e slegate tra loro, Wallace conduce il lettore in un eterno presente dove non si distingue l’inizio dalla fine. Talvolta il finale viene astutamente anticipato nel corso della trama e chi legge deve saperlo cogliere tra le righe.

In Oblio ci colpisce l’originalità dei temi trattati e l’imprevedibilità delle storie. Solo un genio bizzarro come Wallace poteva, ad esempio, dedicare un romanzo ad una merendina da testare sul mercato Mister Squishy. O ad un marito che si sottopone a dei test clinici per scoprire se la moglie, quando lui russa, non può sentirlo russare perché sta dormendo Oblio. Il protagonista de Il canale del dolore è invece, pensate un po’, uno scultore di cacche umane. Sua moglie la donna mostruosamente obesa più sexy che Atwater abbia mai visto arriva a tradirlo goffamente tra i sedili di un’auto col giornalista che realizza lo scoop. Ma è in Caro vecchio neon che Wallace si supera con un superbo gesto narrativo che lascia di stucco il lettore. La trama e l’esposizione del romanzo mettono i brividi per la suggestiva sovrapposizione della fiction al tragico destino che attende l’autore della storia. Wallace, infatti, decide di comparire nel racconto come protagonista della trama, e l’io narrante, un uomo morto suicida, rivolgendosi al suo interlocutore gli dice: tu sai cosa c’è oltre la morte.  

(Angelo Cennamo)

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